Nel 1924 la tomba di Tutankhamon, in Egitto, ha restituito un prezioso pugnale della XVIII dinastia con fodero e manico d’oro e lama di ferro. Eppure, nel XIV secolo a.C. i nostri antenati disponevano soltanto di tecnologie adatte alla fusione di rame, stagno, piombo e oro!
Com’è possibile?
Il mistero sta tutto nella provenienza di quel metallo, che non viene da una miniera ma dal cielo. È una “roccia celeste” che contiene il 10% di nickel e lo 0,6% di cobalto, percentuali riscontrabili solo nelle meteoriti e che conferiscono al metallo una eccezionale resistenza all’ossidazione. Altri oggetti in ferro meteorico sono venuti alla luce in Egitto, tra cui alcune perle da collana risalenti al 3300 a.C. e anche in questo caso giunte fino a noi grazie all’altissima percentuale di nickel. Per il ferro “terrestre” il discorso è diverso e i manufatti antichi in questo metallo si “dissolvono” in tempi più o meno lunghi a seconda delle condizioni atmosferiche.
I più antichi manufatti in ghisa giunti fino a noi sembrerebbero essere alcune piccole sfere venute alla luce nella provincia cinese di Henan e databili al sesto secolo prima di Cristo e riferibili alla dinastia Zhou.
Ma la storia della ghisa era iniziata già cinque secoli prima, alla fine dell’età del Bronzo, quando i giacimenti a cielo aperto di rame e stagno – i metalli di cui è composto il bronzo – iniziarono a scarseggiare.
Si ricorse prima a un minerale presente nelle paludi, la limonite e più tardi, in epoca etrusca, all’ematite dell’Isola d’Elba.
Lo stesso Virgilio nella sua “Eneide” parla dell’Elba – allora nota col nome di Ilva – definendola “inexhaustis Chalybum generosa metallis”, ovvero “ricca delle inesauribili miniere dei Càlibi”, essendo quest’ultimi un popolo leggendario che Omero indica come l’inventore della siderurgia del ferro.
Portato a 1.100 gradi centigradi il metallo non si liquefaceva ma si separava dalla roccia formando una massa ricca di impurità che venivano eliminate con una lunga, vigorosa martellatura al fuoco della forgia, dove le particelle di carbonio emesse dalla legna si insinuavano tra le molecole del ferro aumentandone notevolmente la durezza.
Si può quindi dire che per entrare nell’Era del Ferro, l’uomo preistorico sia dovuto obbligatoriamente passare per quella della ghisa, ovvero ferro con un contenuto di carbonio compreso tra il 2 e il 6%.
Nel Medioevo la ghisa entrò prepotentemente nell’industria bellica, finché tre secoli dopo, divenne il metallo indispensabile per costruire fabbriche, stazioni ferroviarie e ponti.
Oggi la ghisa è parte importante dell’arredo urbano (panchine, scale, lampioni, chiusini), abbonda nelle abitazioni (scale, stufe e termosifoni) su treni, navi e autovetture.
Senza scordare che in cucina, da secoli, ci rende la vita un po’ più comoda, piacevole, salutare e gustosa.
